Il 5 febbraio 1799 Bari proclama la municipalità giacobina, in largo Castello viene issato il tricolore. Come spiega Saverio La Sorsa in "La vita di Bari durante il secolo XIX. Dalla fine del secolo XVIII al 1860", Bari 1916, la rivoluzione pacifica viene promossa da un piccolo gruppo di persone colte ed evolute, gente istruita che aveva realmente compreso lo spirito della rivoluzione francese e aspirava a un governo più libero e moderno e all'abolizione del feudalesimo e dei privilegi.

Si tratta di professionisti, negozianti, monaci, preti, e gentiluomini, artigiani e operai di una certa intelligenza e sensibilità, ai quali si unirono per convenienza contadini, marinai, artigiani di basso livello, che in segreto continuavano a essere fedeli al re, anche in virtù delle concessioni fatte negli ultimi tempi.

La città è però circondata da Casali sanfedisti e subisce una specie di assedio a cui mettono fine il 3 aprile i francesi, che sgominano le forze sanfediste e portano finalmente viveri in città. Ma il regime francese non è poi così positivo: ai cittadini vengono accollate imposte pesanti, addirittura viene confiscato il tesoro della Basilica di San Nicola. Poiché in città ha sede il quartier generale dei francesi, si deve provvedere alle spese di vitto e alloggio degli ufficiali e al mantenimento di truppe e cavalli. Le famiglie benestanti sono costrette a tenere in casa gli ufficiali superiori. 

Il 13 maggio il cavaliere Micheroux, ministro plenipotenziario del regno borbonico, sbarca a Bari ricevendo il benvenuto della città che si dice disposta a mutare governo e si proclama nuovamente fedele al re, tanto è vero che viene abbattuto l'albero della libertà e si innalza un baldacchino con i ritratti del re e della regina.