Il 4 settembre 1886 Domenico Loconsole, contadino di 26 anni, unico figlio sopravvissuto di Michele Loconsole e della defunta Teresa Loseto, sposa la diciannovenne Pasqua Albergo, anche lei orfana di madre alla nascita e cresciuta nella famiglia creata dal papà con la sua seconda moglie. La loro vita si svolge in via Ronchi n. 15, attuale piazza Corridoni, in corte Colagualano.

In questa casa nasceranno i loro nove figli (tre dei quali muoiono neonati, uno di vaiolo) e qui morirà Michele, il papà di Domenico, nel 1914.

Domenico è un bracciante (uno zappatore) che lavora i campi nei dintorni della città, guadagnando lo stretto necessario per far sopravvivere la sua famiglia. I figli, consapevoli dei sacrifici e delle sofferenze che la vita di campagna comporta, scelgono di imparare un mestiere e di prendere strade diverse da quelle della coltivazione dei campi. Siamo ormai ai primi del Novecento, l’istruzione elementare è obbligatoria e i suoi figli maschi imparano a leggere e scrivere, tanto che firmano i loro atti di matrimonio (così come le loro mogli), e possono dedicarsi ad attività artigianali e al pubblico impiego.

Pasqua muore sicuramente dopo il 1931, ma prima degli anni Quaranta, perché i suoi pronipoti più giovani non se la ricordano. Domenico invece muore quasi novantenne dopo la Seconda Guerra Mondiale nella casa di via Ronchi, dove viveva con il figlio più piccolo, Giorgio. I nipoti e i pronipoti lo ricordano come un anziano provato nel fisico, sofferente per l’artrite che lo aveva notevolmente incurvato, ma molto gioviale e arzillo, tanto che girava ancora per la città a piedi per andare a trovare quei figli che ormai non vivevano più a Bari vecchia. Quei figli che, come lui voleva, erano riusciti a lasciare la campagna.

Il figlio maggiore Vito, nato nel febbraio 1889 e morto nel 1973, diventa ebanista, un vero maestro del legno, socio di un rinomato laboratorio artigianale per la lavorazione di mobili. Nel 1913 sposa Grazia Bellomo, di una benestante famiglia di commercianti. Grazie al suo lavoro Vito ha guadagnato denaro e una posizione sociale. Si separa dal suo socio (che poi fonderà un mobilificio ancora presente in città) e investe soldi in una banca che fallisce verso la fine degli anni Venti facendogli perdere tutto. E così Vito, ebanista di valore, porta avanti la sua casa/bottega di via Bottalico.

Teresa, nata nel 1891, sposa nel 1912 il fabbro coetaneo Onofrio Caldarulo, che subito dopo le nozze diventa guardia daziaria, figlio di Nicola, guardia campestre, e Pasqua Loseto. Onofrio è testimone nelle nozze dei cognati Vito e Nicola, e muore nel 1965 nel quartiere Bari Oriente (oggi Libertà). Memorie di famiglia raccontano che Teresa potrebbe essersi risposata con un certo Rossiello, che forse aveva una figlia da un precedente matrimonio.

Michele, nato nel 1893, diventa mattonaio e sposa nel 1915 la diciottenne Annunziata De Feudis, sarta per l’esercito. Come muratore lavora su cantieri nelle zone di espansione di Bari come Madonella, dove vivrà con la sua famiglia. Molto presto però trova lavoro presso il Comune di Bari come addetto archivista. Muore nel 1956.

Nicola, nato nel 1900, sposa Giulia Favia nel 1919 e risulta bracciante. Ha una famiglia numerosissima, portata avanti con sacrifici e ingegno, come un saponificio artigianale, per non dire casalingo. Vivono nella zona periferica di Bari, attuale via Napoli, e i suoi figli intraprendono attività commerciali.

Giorgio, nato nel 1906, si sposa nel 1931 con Donata Bux e nell’atto di matrimonio risulta bracciante. I due hanno otto figli e restano a vivere in via Ronchi con il papà. Giorgio troverà lavoro al Comune di Bari e in vecchiaia andrà a vivere a Casamassima dove muore.

Maria nasce nel 1903 e nel 1921 a 18 anni sposa Vincenzo Piacciarelli, pasticcere di Taranto ma residente a Bari, testimoni i cognati di Maria, Onofrio Caldarulo, 34 anni guardia daziaria, e Annunziata De Feudis, 23 anni casalinga. I suoi eredi si distinguono come docenti universitari in materie scientifiche.

Bellomo

Albergo

 

 

 

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