L'8 novembre 1830 sale al trono Ferdinando II, autore di un radicale processo di risanamento delle finanze del Regno e di una serie di riforme burocratiche, grazie al reclutamento di ministri e pubblici amministratori capaci.

Promuove innovazioni in campo tecnologico, come la costruzione della prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici, e di impianti industriali avanzati, quali le Officine di Pietrarsa, prima officina di locomotive, rotaie e materiale rotabile in Italia. Favorisce la creazione di una Marina Militare e mercantile, attraverso le quali aumenta il livello degli scambi con l'estero.

Appena salito al trono risana il bilancio dello Stato, abbassa lo stipendio annuo dei ministri, distribuisce fra cinquanta comuni le terre destinate al pascolo dei regi armenti, abolisce la tassa sul macinato e riduce molti privilegi della nobiltà. I liberali pensano di avere un re dalla loro parte, invece si rivela conservatore e autoritario, sin dai primi moti del 1831-32 ispirati dalla Giovine Italia.

Ferdinando viaggia spesso lungo le regioni interne del Regno, per constatare di persona le condizioni di vita e di governo delle aree periferiche. Durante e dopo queste visite emana atti finalizzati a migliorare le prigioni, a concedere indulti, a decretare la costruzione di ponti e strade, a correggere gli arbitrii dei pubblici ufficiali, ma anche a rinforzare i presidi militari e aumentare la vigilanza poliziesca.

I suoi contrasti con la borghesia liberale si acuiscono durante i moti rivoluzionari del 1848, quando, dopo un breve esperimento costituzionale, la sua politica va verso uno spinto assolutismo e la politica economica si fa parsimoniosa, lasciando il reame in una fase statica. 

Ferdinando fu molto legato alla Puglia e a Bari, che visitò numerose volte e dal quale ripartì, già gravemente malato, dopo un lungo soggiorno nel marzo 1859, due mesi prima di morire a Caserta.

Non sempre gli antentati che ci ritroviamo sono quello che avremmo voluto. Il Corriere delle Puglie dedica enfatici articoli di cronaca alle malefatte della famiglia di Nicolantonio Colucci e Carmela Mastrogiacomo e di Angelo Guardavaccaro e Rosa Laforgia: piccoli furti, qualche imbroglio di troppo e violenza domestica sono probabilmente dovuti alla miseria e alla necessità di sopravvivere.

 

Destreggiarsi con le notizie non sempre coerenti degli atti civili è un gran divertimento e un vero lavoro di investigazione. Un esempio? L'atto di morte di Michele Bellomo nel 1814 a Manfredonia.