Nel maggio del 1741 alcuni zelanti cittadini di Bari esposero al Re ed alla Real Camera di S. Chiara che il governo della loro città era ormai in mano di poche famiglie della Piazza dei Nobili e del Popolo Primario; poiché la maggior parte delle famiglie nobili si erano estinte la richiesta fu di unire le due Piazze. La Real Camera con un primo decreto del marzo 1745 ordinò che questo avvenisse e l’anno successivo furono aggregate venti famiglie. I nobili si opposero sostenendo che a queste famiglie non competeva il titolo di Patrizio. E da questa opposizione ebbero origine numerose controversie.

Alla fine però nel 1749 la Real Camera aggregò quindici nuove famiglie: Amelij, de Angelis, Angiola, Barone, Bonazzi, Didelli, Filioli, Introna, Maurelli, Pedrinelli, Petroni, Quattrorecchi, Rinaldi, Ronchi e Sagges.

Nel 1758 un real dispaccio stabilì che nelle pubbliche assemblee non si dovesse più fare distinzione di titolo tra le famiglie antiche e le nuove aggregate e numerosi furono i sostenitori della teoria che la Piazza del Popolo Primario di Bari fosse nobilissima e giustamente doveva fregiarsi delle medesime prerogative che aveva la Piazza dei Nobili. Gli avvocati Mattia de Matteis e Ferdinando Rugiero già in un foglio del 17 gennaio 1732 avevano sostenuto che la Piazza del Popolo Primario, sin dalla fondazione di Bari, era sempre stata chiusa e separata dal rimanente popolo, e che come nobile originaria aveva tutte le prerogative di vera e distinta nobiltà.

Nel 1805 con real dispaccio venne approvata la dichiarazione di chiusura della Piazza della Nobiltà di Bari, pronunziata dal Supremo Tribunale conservatore della nobiltà del regno, e si stabilì l’elenco delle famiglie che ne facevano parte: Dottola, Chyurlia, Casamassimi, de Riso, Lamberti , Pasqualini, Gironda, Tresca Carducci,Venturi, Boccapianola, Calò Carducci, Tanzi, Sagarriga de' conti di Potons, Sagarriga Visconti, Sagarriga Visconti Volpi , Mazzacchera, de Angelis Effrem, d'Amelj, de Petris Fragiarmi, Pedrinelli, Guidotti, Zeuli, Puoti, Avati, Bianchi, Pappalepore, Ferrigni Pisone, Rinaldi, Orlando ed Attolini. Nel 1806 furono iscritti anche i Bonazzi.

Nel 1806 la nuova legge elettorale impone il possesso di un censo di minimo 96 ducati per divenire elettori e un reddito molto più alto per essere eleggibili (960 ducati per i consiglieri distrettuali e 1920 per i consiglieri provinciali). La riforma di stampo democratico promossa nel Decennio francese è ormai realtà.

Certo a Bari le famiglie che potevano vantare tali redditi erano poche, e non tutte nobili. Nelle mani dei nobili restano infatti le grandi proprietà terriere (veri e propri feudi) nei paesi limitrofi, da cui ricavano le loro rendite, ma la vera disponibilità di denaro liquido è ormai nelle mani della nuova borghesia, che grazie alle riforme francesi ha potuto investire in attività commerciali, pre-industriali e immobiliari. È proprio per mettere fine agli ingiustificati privilegi economico-politici (come la gestione privatistica delle casse comunali, sempre più in disavanzo) dei nobili che la broghesia mercantile chiede con insistenza di entrare nel governo della città.

 

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